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venerdì 2 dicembre 2011

"Il fine giustifica i mezzi" del Principe di Machiavelli

43 commenti:

  1. Da sempre la gente cerca di raggiungere i propri obiettivi attraverso mezzi consoni all’etica umana. Questo perché fin da piccoli abbiamo ricevuto un’educazione che ci insegnava il “modo” in cui comportarci in determinate occasioni. Per questo le persone, ogni qual volta hanno uno scopo, cercano di ottenerlo con azioni e comportamenti che si adeguano alle regole etiche e morali e che danneggiano il meno possibile le persone coinvolte nell’atto. Tutto ciò perché quelle azioni ritenute “sbagliate” sono punite dalla legge e possono ferire altri individui.
    Un esempio potrebbe essere il mentire a fin di bene, anche se si è compiuto un gesto altruistico nei confronti dell’altra persona, resta il fatto che in automatico si sono messi in dubbio la sincerità di una persona e la fiducia verso l’altra.
    Quindi, se bisogna seguire l’etica, le leggi, il buon comportamento e la morale, la famosa frase di Machiavelli “il fine giustifica i mezzi” viene sicuramente considerata non veritiera.

    Eppure, in accordo con il pensiero machiavellico, ritengo che il fine possa giustificare le azioni compiute per raggiungerlo. Ovviamente se vi sono mezzi innocui ed eticamente corretti per poter raggiungere uno scopo, senza dubbio userei quelli, ma se in una situazione bisogna ricorrere a metodi “meno giusti”, e se quella situazione può risultare benefica per me o per altre persone, non esiterei ad usarli.
    Il fine è qualcosa che noi, da individui, poniamo sempre al primo posto. È qualcosa che ci eleva e ci rende esecutori delle nostre azioni, che ci spinge a voler conoscere i nostri limiti, che ci porta alla felicità e che oltre ogni cosa ci fa andare avanti. Se una persona non ha uno scopo nella vita, allora in un qualunque momento potrebbe dubitare dell’importanza della propria esistenza. Gli scopi che ci poniamo nel nostro futuro sono la nostra fonte di vita.
    Machiavelli, nel suo trattato “il principe”, descrive le caratteristiche comportamentali che un principe dovrebbe avere per poter ben governare. Lui crede che il principe sia autorizzato a “fingere” un buon comportamento e ad usare qualunque mezzo a sua disposizione, etico o militare, per il bene dello Stato. Questo perché la maggior parte dei cittadini è solita osservare la parte esteriore del principe e guardare al fine dell’azione, che sia una vincita in guerra o l’attuazione di una nuova legge.

    Concludo quindi dicendo che secondo il mio parere si può usare ogni mezzo per arrivare ad uno scopo, purché il fine da raggiungere possa giovare ai diretti indirizzati e non colpirne altri, e cioè quando il fine non sia benevolo solo a colui che compie l’atto. Questo perché, se così non fosse, chi si è posto di raggiungere un fine sarebbe l’unico a goderne i risultati, e ciò si identificherebbe nella tirannia.

    Fasitta Giorgia

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  2. Niccolo Machiavelli fu senza dubbio un grande personaggio, spesso etichettato come "cattivo" e la sua filosofia di conseguenza declassata.Secondo me il suo pensiero fu molto più articolato, per il semplice motivo che non lo si coglie in ogni sua sfaccettatura e vi sono molti significati nascosti. Quindi è molto difficile stabilire se "il fine giustifica i mezzi". Il non tener conto del contesto nella quale la si attua sarebbe una banale generalizzazione: argomentando questa tematica cercherò di arrivare ad una spiegazione soddisfacente della mia opinione.
    Nella politica attuale, come anche nell'economia, si ha una spiccata tendenza alla realizzazione personale, il che mi risulta pressochè inconcepibile soprattutto in campo politico: la politica dovrebbe curarsi dell'interesse del popolo nel suo complesso, non favorire determinate classe di persone o in altri casi gli individui stessi. Fatto sta che il campo politico è strettamente correlato a quello economico,dovendo la politica istituire leggi che regolano le imprese: in assenza di queste e nel disinteresse di quella, è ovvio che "il fine giustificherà i mezzi" e ciò che ne deriverà sarà un sistema corrotto e vagamente oligarchico. E' chiaro che in questo caso non sono d'accordo con l'espressione, e credo che non lo sarebbe neanche il machiavelli stesso: questo concetto era valido infatti solo se finalizzato alla realizzazione del bene della nazione, non l'interesse di pochi avidi senza scrupoli che scavalcano le leggi dell'etica e il resto della società per denaro sacrificando la porpria dignità.
    Nella sfera personale il discorso è vagamente diverso. Il fine ultimo al quale tendono le persone è la felicità ma non credo la felicità sia un qualcosa di raggiungibile con "i mezzi". Infatti si tende a cercare la felicità in beni materiali, in una vita dedita ai vizi, in un gran numero di amici, in qualsiasi modo e anche qui compare una grande spregiudicatezza e un certo egoismo, che non porta a nulla. Infine penso,come diceva Machiavelli, che certe volte il fine giustifica i mezzi solo quando le azioni che si compiono non vanno contro gli interessi del "popolo",come attualmente non ha fatto Gheddafi che pur di mantenere il potere ha ucciso e sterminato molta gente,tra le quali molti suoi uomini. Quindi da questo esempio si può capire benissimo che se a raggiungere il fine sarebbe un unica persona, ciò diventerebbe una tirannia.

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  3. "Il fine giustifica i mezzi":questo aforisma ha finito per sintetizzare il pensiero di Macchiavelli,il fondatore della scienza politica moderna,colui che cercò un approccio razionale e scientifico con la politica.
    Nel suo pensiero si risolve il conflitto fra le regole morali e ragion di Stato che impone talvolta di sacrificare i propri principi in nome del superiore interesse di un popolo.

    Macchiavelli,senza intenti morali, non vuole giustificare nulla,vuole solo valutare se i mezzi utilizzati sono adatti a conseguire il fine politico.Egli pone un programma politico che qualunque Principe voglia portare alla liberazione dell'Italia,dovrà seguire.

    "Finis coronat opus",è il motto medievale secondo cui solo il risultato finale dimostra il valore di un' azione.Ogni cosa va giudicata alla fine, alla luce di ciò che ha prodotto o delle conseguenze che ha determinato.

    E chi dà di questo pensiero una lettura pessimistica dell'uomo,"homo,homini lupus",il cui fine non sarebbe altro che l'affermazione di sè e la sopraffazione del suo simile secondo una legge naturale selettiva che vuole che il più forte emerga a discapito degli altri,si limita a casi isolati.

    Credo che invece nella storia,"il fine giustifica i mezzi",sia stato il più delle volte applicato con pieno successo per liberare(dal fascismo,dal nazismo,dall'estremismo islamico,dalla fame...)e non per dominare.
    Diversamente quante volte,usato a fini di dominio,si è rivelato un'arma che si è rivoltata contro chi l'ha usata?(vedi ultimamente la tragica fine Gheddafi).

    In questi giorni,pur vivendo in uno stato democratico,il nuovo governo italiano rappresentato dal primo ministro Monti,ha messo in pratica misure anticrisi,per i più discutibili e generatrici di malcontento.I mezzi giustificheranno il fine?
    "Con la tela di Penelope non si fanno vestiti":non sono le cose incominciate che riescono utili,ma quelle condotte a buon fine.
    E se per ottenere un buon fine i mezzi potrebbero sembrare ingiusti vale la pena tentare.

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  4. “Il fine giustifica i mezzi” da “Il principe” scritto nel 1513 e pubblicato postumo nel 1532 da Machiavelli. “Il Principe” inteso come lo stato il governo la politica, il potere. La strada percorsa per ottenere il “bene” comune può essere più o meno dolorosa per i singoli, per l’uomo nella sua individualità, ma è l’unica che può dare al “principe” la possibilità di raggiungere lo scopo finale. Rifacendomi ad esempi storici recenti, mi viene in mente il secondo conflitto mondiale in cui potenze apparentemente distanti dall’’Europa sono entrati in guerra per porre termine alla “soluzione finale” e al terzo Reich Hitleriani , ma dietro all’apparente scopo etico e altruistico si può senz’altro leggervi il mantenimento di sottili equilibri geo-politici che hanno giustificato persino Hiroshima e Nagasaki. E così pure la coalizione mondiale schieratasi contro l’Afghanistan e l’Iran.
    Il fine giustifica i mezzi quando c’è sempre una linea rossa tracciata dalla morale e dal bene comune, quando invece c’è di mezzo l’inganno, la bugia, la prevaricazione di una nazione rispetto ad un’altra, di un potere che schiaccia e annulla i popoli allora viene fuori l’immoralità della “lectio” machiavellica. Lo scopo che ogni essere vivente si pone dovrebbe essere la realizzazione del suo sogno, della sua vita, ma se questo porta a non entrare più in comunione con gli altri uomini si arriva all’imposizione del singolo sulla moltitudine e quindi non è secondo me condivisibile.

    Gabriele Duca

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  5. Alla base del pensiero di Machiavelli c'è una lettura pessimistica dell'uomo di per sé deviante come quella ottimistica. Un pregiudizio di fondo che vede l'uomo "lupo nei confronti degli altri uomini", teso alla affermazione di se stesso e impulsivamente spinto alla sopraffazione del suo simile. E’ proprio su questa concezione che il detto ‘’Il fine giustifica i mezzi’’ instaura le proprie radici. Questo, come nella storia, viene messo al giorno d’oggi in atto, legittimamente e non. Credo sia giusto affermare che la famosa e, oserei dire, ‘’ambigua’’ frase, acquisti e perda valore per ciascuno di noi, nei confronti del resto del mondo.
    Ci sono infatti situazioni, all’ordine del giorno, in cui "il fine giustifica i mezzi". A scuola o durante un incontro sportivo per esempio, in cui ognuno di noi sarebbe disposto a far di tutto pur di uscire vincitore da una partita o da un difficile compito in classe. Quando ci innamoriamo o quando desideriamo possedere ardetemente qualcosa o qualcuno, arriviamo infatti a mentire ai nostri amici, e a volte anche a noi stessi; non guardiamo in faccia più niente e nessuno perche il desiderio e la voglia di essere migliori di qualcun’altro, ci annebbiano la vista.
    In tutti queste possibili situazioni il fine non può fare altro quindi, che giustificare i mezzi; e credo che tutti siano d’accordo a riguardo.
    Ciò nonostante, ci potrebbero essere dei pareri contrastanti riguardo la felicità del singolo individuo. Si dice infatti, che per ogni persona felice ce ne sia una triste; ciò significa che la nostra felicità sarebbe la causa principale della tristezza altrui. Allora pensare ‘’egoisticamente’’ a se stessi, a ciò che è più giusto per noi, sarebbe un errore?
    Per ogni domanda che la vita può proporre, ciascuno di noi avrà una risposta diversa.
    Siamo fragili e incostanti, spesso ci pentiamo amaramente di cose che facciamo in buona fede, perciò mi viene difficile credere che l'uomo possa accollarsi la responsabilità di "certi mezzi”. Alla luce di ciò, sostengo che arrivati a questo punto, sia giusto trasferire la domanda su un piano etico, chiedendoci: Posso vivere serenamente nonostante io abbia conquistato un fine con determinati mezzi?
    Sono più che convinta che siano la testa ed il modo di vivere le proprie vite a fare la differenza; e se una persona riesce trovare una vera risposta a questa domanda, a mio parere, è solo perché ha smesso di cercare una risposta.

    Adriana Vicari

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  6. ‘’Il fine giustifica i mezzi’’ è una frase che venne formulata da Niccolò Machiavelli in riferimento ai comportamenti che deve assumere il sovrano.
    Egli riporta vari esempi nel ‘’Principe’’ che potrebbero collegarsi a questa frase.
    Il primo fra tutti è la convivenza tra la ‘’fortuna’’ e la ‘’virtù’’ all’interno del sovrano; mentre la ‘’fortuna’’ è determinata da ciò che lo circonda e quindi da tutto ciò che è indipendente dalla sua volontà o dal suo agire, la ‘’virtù’’ è ciò che egli possiede, quindi le doti intellettuali e pratiche (la conoscenza delle leggi politiche, il saper sfruttare sia la forza che la furbizia ecc.).
    Per un buon governo quindi è necessario che il sovrano metta in relazione la propria ‘’virtù’’ con la realtà oggettiva che affronta quotidianamente, ovvero la ‘’fortuna’’. Inoltre è altrettanto importante il saper distinguere le leggi politiche da quelle morali, Machiavelli se da un lato dà importanza alla virtù morale, d’altro lato la ‘’disprezza’’poiché egli comprende che nella realtà, e quindi nell’ambito politico, è proprio grazie ai raggiri e all’uso dell’astuzia che si possono ottenere grandi vittorie, al contrario di chi invece, usando la lealtà o principi morali, ha subito solo grandi sconfitte. Ecco perché, egli sostiene che per un ottimo governo è necessario che il politico sappia usare non solo la legalità, ma anche l’astuzia e la forza. L’autore sostiene infatti che la ‘’virtù’’ del sovrano è la duttilità, nel senso che egli deve essere in grado di adattarsi ad ogni situazione e capire quando sfruttare l’astuzia e quando la forza.
    Di conseguenza penso che ‘’il fine giustifica i mezzi’’ sia solo una precisazione, perché anche nella vita quotidiana quando noi vogliamo ottenere qualcosa sfruttiamo la qualunque pur di averla con noi, possiamo essere furbi o usare direttamente la forza oppure altri metodi, ma ogni nostra azione verrà sempre giustificata poiché in un modo o nell’altro dobbiamo ottenere quel determinato oggetto o persona.

    Marta D'Aleo

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  7. Il trattato di Machiavelli “ il Principe”, concluso nel Dicembre del 1513, secondo una lettera dello stesso autore all’amico Francesco Vettori si concentra intorno alla figura del “sovrano ideale”, in una forma letteraria comune già nell’età medievale.
    Varie parti dell’opera , però, sviluppano tipi diversi di pensiero: la prima sezione, ad esempio, riguarda i diversi tipi di principato in generale e il principato di nuova acquisizione e formazione , in particolare. La terza , invece, è concentrata sui comportamenti e sulle virtù che si addicono al Principe per mantenere uno Stato nel suo pieno controllo. Nel sesto capitolo del Principe si affronta il problema del ruolo della violenza storica, rifacendosi all’esempio, citato in positivo, di Mosè, Ciro, Romolo e Teseo, i quali, usandola per fondare i loro principati seppero istituire “nuovi ordini”. Come esempio negativo viene citato il Savonarola, che non ricorse all’uso della forza e finì sul rogo.
    Ma è nel settimo capitolo che Machiavelli indica il suo modello di Principe ideale per chi voglia conquistare e mantenere un principato: Cesare Borgia. Costui, fondandosi sulla fortuna e sulle armi altrui, usando la simulazione, l’inganno e la ferocia, aveva convocato a Senigallia i suoi oppositori e li aveva eliminati. Inoltre aveva fatto uccidere il proprio luogotenente Ramiro Delarqua ed esposto il suo corpo “in dua pezzi in su la piazza”. Tuttavia l’epilogo della sua avventura politica, destinato a fondare nell’ Italia centrale un grande Stato, unito a quello della Chiesa, non fa eccezione alla regola generale anch’egli “ ruina” pure avendo adoperato le armi dell’uomo, le leggi, e quella del leone e della volpe, l’astuzia, l’inganno, la violenza, per vincere quella dei “lupi”, gli avversari. Ancora una volta, Machiavelli rispetta l’esempio di autori classici come Seneca, che invitano ad imitare ciò che avviene in natura, se pure, non per esercitare violenza ma per uno scopo politico alto: la fondazione di uno stato unitario.
    Nei tempi moderni, l’uso della violenza a favore della ragione , ha trovato risposte diverse. In Cristianesimo ed altre religioni orientali si fondano sulla “non violenza” contrapponendo l’amore, il filantropismo, la solidarietà come risposta totalizzante. Tutta l’evoluzione moderna con Internet al suo servizio è avviata verso la globalizzazione. Eppure il detto di Gandhi, lo statista indiano che cacciò con la “non violenza” gli Inglesi dal suo Stato, riassumibili in parole come queste: “ci sono mille cause per le quali io sono disposto a morire , ma non c’è ne una per cui sono disposto ad uccidere” rimangono lontane e inosservate.
    L’irrazionalità e la bestialità dell’uomo hanno visto il loro trionfo nei regimi nazisti e comunisti.
    Anche oggi, nel sangue finiscono regimi come quello egiziano e quello di Gheddafi. Sembra proprio che il progresso scientifico non riesca ad arginare l’istinto bestiale e primordiale che spinge l’uomo ad uccidere il proprio simile.
    A tutto ciò si aggiunge la quotidiana e impressionante lista di donne uccise da familiari e quella dei bambini vittime della pedofilia. Se dunque, Machiavelli accettava l’idea che per fondare e mantenere un Principato, destinato a dare ordine e sicurezza, si potesse usare la violenza, aggiungendo, poi, che solo con il consenso dei cittadini lo si sarebbe potuto mantenere, ai giorni nostri non s’individuano ideali qualsiasi che appaiono in grado di arginare l’istinto omicida dell’uomo. Occorrono ancora molta cultura e moti semplici valori di base perché, finalmente, si capisca nel mondo, che non c’è alcuna causa o circostanza che giustifichi l’omicidio di un solo uomo, neppure da parte dello Stato, che deve indicare nelle leggi il metodo per risolvere controversie private o pubbliche.
    In ultimo bisogna sottolineare che il valore della convenienza momentanea prevale e , in nome dell’interesse e del denaro che, appagano momentaneamente, si commettono i peggiori delitti.

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  8. Argomento: Pensiero politico di Machiavelli
    Ambito: Artistico-letterario
    Destinazione: Giornalino scolastico

    "Onde è necessario a un principe volendosi mantenere, imparare a potere essere non buono, e usarlo e non l'usare secondo la necessità (cit. Capitolo 10 Paragrafo 10)

    Questo concetto fu sintetizzato nella massima "il fine giustifica i mezzi", che sintetizza grossolanamente il pensiero dell'autore. Tale concezione nasce da una visione molto pessimistica dell'uomo come essere morale.
    Per Machiavelli gli uomini sono malvagi per natura: egli non teorizza le cause, non indaga se lo siano per natura o in seguito ad un peccato commesso, come vuole il cristianesimo.
    Piuttosto si limita a constatare gli effetti che la loro malvagità ha nella realtà. Il 10 dicembre del 1513 dall'esilio all'Albergaccio, Machiavelli annunciò all'amico Francesco Vettori di aver scritto un "opuscolo De Principatibus in cui si trattava di cos'è principato".
    Come apprendiamo sempre dalla lettera all'amico Vettori, sappiamo che l'autore intendeva dedicare il trattato a giuliano de' medici in un primo momento; la dedica fu poi indirizzata al Lorenzo De' Medici per ottenere un riavvicinamento con la famiglia che in quel periodo aveva assunto molto potere. Questi trattati vengono chiamati specula principis.
    Da una parte il Principe si riallaccia a questa tradizione, dall'altra la rovescia radicalmente: mentre tutti questi trattati mirano a formare un'immagine ideale del principe, consigliandogli di praticare tutte le più lodevoli virtù, Machiavelli proclama di voler guardare alla "verità effettuale delle cose"e non all'"immagine di essa",quindi propone al principe quei mezzi che possano consentirgli la conquista e il mantenimento dello stato, perciò arriva a consentirgli di essere "non buono".
    La materia è suddivisa in vari capitoli: I- XI esaminano i vari tipi di principati e mirano a individuare i mezzi per conquistarli e mantenerli; Machiavelli distingue tra principati ereditari, a cui è dedicato il cap. II, e principati nuovi, di cui parla nel cap III. I capitoli XII- XIV sono dedicati al problema delle milizie.
    Machiavelli giudica negativamente l'uso degli eserciti mercenari, che non garantiscono la compattezza dello stato. I cap. XV-XXIII trattano dei modi di comportarsi con i sudditi. In questa parte il poeta, anzichè esibire il catalogo delle virtù morali che sarebbero auspicabili in un principe, segue la verità effettuale delle cose. Poichè gli uomini sono malvagi, avidi e violenti, il principe che è costretto ad agire tra di loro non può seguire le leggi morali, ma dev'essere un politico centauro.
    Il cap XXV esamina le cause per cui i principi italiano hanno perso i loro stati. La causa principale è l'ignavia, che nei momenti di quiete non ha saputo prevedere la tempesta e porvi i ripari necessari. Di qui scaturisce l'argomento principale del cap. XXV, il rapporto virtù fortuna, cioè la capacità del principe, che deve essere propria del politico, di porre argini alle variazioni della fortuna, arbitra per metà della nostra vita.
    La fortuna viene paragonata ad un fiume in piena che, quando straripa, devasta le campagne e i raccolti. L'ultimo cap., il XXVI, è un'esortazione ad un principe nuovo, che sappia porsi a capo del popolo italiano e liberare l'italia dai "barbari".
    Nel pensiero politico dell'autore politica ed etica sono due cose distinte e separate nella vita dell'uomo. Il principe deve sì possedere virtù, come la clemenza, la lealtà ecc, ma dev'essere "non buono" quando le circostanze lo richiedono. Il principe deve essere detentore di una virtù, che è un insieme di varie qualità, una sintesi di doti intellettuali e pratiche.

    A mio parere il fine può giustificare i mezzi purchè il fine raggiunto sia benevolo.

    Kepi

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  9. Con l’espressione “il fine giustifica i mezzi” frase erroneamente attribuita Niccolò Machiaveli, è stato spesso riassunto il pensiero di macchiavelli riguardo alla condotta che i principi dovrebbero osservare per mantenere lo stato. A questo argomento egli dedica un capitolo della sua opera più famosa il “principe” dove poiché egli “intende guardare alla realtà effettiva delle cose” e avendo registrato che nella storia spesso ingannare e mentire è risultato politicamente produttivo,consiglia al principe di servirsi non solo delle leggi per mantenere saldo lo stato, ma anche dell’astuzia e della forza,ovvero deve avere una forte personalità, tanto da essere capace se necessario di opporsi persino ai suoi valori morali.
    Ma si deve ricordare che alla base di questo pensiero sta una concezione pessimistica del popolo, che guarda solo al risultato dell’azione “li uomini in universali iudicano più alli occhi che alle mani” E in oltre si deve tenere a mente la situazione politica di profonda instabilità in cui vive Machiavelli alle fine dell’400, che scrive il suo trattato per incitare i principati italiani a prendere le redini del paese, ormai sommerso da queste continue guerre, credendo che l'unico modo per riacquistare valore, in quel preciso periodo, fosse proprio un governo di tipo monarchico.
    Infondo Machiavelli non cerca di stravolgere la morale, la crudeltà e la slealtà vengono giustificate solo al raggiungimento di fine definito che è il mantenimento dello stato, non un fine qualsiasi.
    Eppure anche in queste condizione questo messaggio risulta pericoloso perché un principe capace di mettere da parte gli scrupoli seppur per il raggiungimento di un bene collettivo potrebbe anche essere o diventare un principe capace di perseguire esclusivamente i propri interessi ad esempio Bernazza autore del libro “o si domina o si è dominati” sostiene che "Moltissimi uomini, e Machiavelli per primo, sono convinti che il delinquere si accompagna necessariamente all'esercizio del potere, ossia che è impossibile governare onestamente (...).Ma riflettendo meglio, si scopre che un uomo politico,il quale sa che accettando il potere dovrà poi esercitarlo disonestamente, e tuttavia lo accetta, è un malfattore dell'accettazione, e quindi . e' il principe disonesto, quindi, che inquina il potere, e non viceversa.
    E nella storia sono diversi i casi in cui un singolo uomo cercando di mantenere uno stato ha infine adoperato la violenza in modo eccessivo, ed ha scatenato rivolte popolari come successe ad esempio sotto re carlo I in Inghilterra (1600-1649) o come è successo recentemente nei paese del maghreb .
    Pertanto si potrebbe dire che la figura del principe di machiavelli è una figura che nonostante l’intento resta idealizzata e non è immune a certe controversie ad esempio: viene detto che il principe deve solo far finta di essere virtuoso ma che deve ingannare e mentire solo al fine di raggiungere un obiettivo virtuoso come il mantenimento dello stato,ma se un uomo non è realmente virtuoso perché dovrebbe combattere per una causa virtuosa? E ancora se la morale del principe è diversa: lui può prevaricare, concedersi libertà non concesse agli altri. Come è possibile mantenere sano e virtuoso il corpo della società sotto una testa che delinque?

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  13. Machiavelli con il Principe non intende proporre un modello di perfezione sotto il profilo morale, bensì fornire indicazioni ai politici contemporanei, perchè adottino i mezzi più efficaci per conquistare e mantenere il potere. Tale affinità si spiega alla luce dell'esigenza, avvertita come inderogabile da Machiavelli, che si formi in Italia una compagine statale forte, in grado di contrastare le mire egemoniache degli Stati europei.
    Machiavelli indentifica il compito del principe nell' attenersi alla realtà di fatto e nell'affrontare a occhi aperti le dure esigenze del compito. Questo compito è tale da non poter essere limitato o impedito da altre preoccupazioni, sia pure di natura morale. Il principe, se vuole riuscire nei suoi disegni, è necessario che abbia una concezione pessimistica degli uomini, considerati malvagi; poichè, quest' ultimi, sono portati per necessità a soddisfare interessi egoistici e materiali. Per garantire il bene comune, il principe deve confrontarsi con questo dato di fatto e saper essere << buono >> o << non buono >> a seconda delle circostanze.
    In altri termini, il compito del politico ha una sua moralità immanente, che non sempre coincide con la moralità propria del privato cittadino.Tuttavia Machiavelli ritiene che il male commesso dal principe debba sempre essere rivolto al bene, cioè all'utilità dei sudditi.
    Dal punto di vista politico è << buono >> tutto ciò che è efficace per conseguire il fine, ed è << cattivo >> tutto ciò che lo ostacola. Non si tratta però di negare validità alla morale in genere, ma di rendere l'azione politica indipendente da essa.
    In questo contesto, gli strumenti ''immorali'' ai quali il principe può eventualmente far ricorso sono dei mali trascurabili: un fine superiore, capace di assicurare il benessere di molti, consente al principe di ignorare la morale corrente, il che non implica affatto che possa farlo per conseguire obiettivi personali.
    Il pensiero di Machiavelli è talmente caratteristico che è entrato a far parte di numerosi modi di dire, dall'aggettivo ''machiavellico'', usato per indicare una persona o un atteggiamento privo di scrupoli morali, alla frase ''il fine giustifica i mezzi'', in altre parole tutti gli espedienti, anche se danneggiano altri, sono giustificati per raggiungere uno scopo. Ma la frase va completata nel suo significato; il fine deve essere di tale natura che serva davvero per pacificare una nazione, per ristabilire la giustizia sotto l'autorità di chi è piu virtuoso. Tuttavia non è esatto associare il principio basilare del suo pensiero alla frase << il fine giustifica i mezzi >>, poichè Machiavelli non ''giustifica'', ma constata solo che certi comportamenti, buoni o cattivi che siano, sono indispensabili per conquistare e mantenere lo Stato. Commettere crudeltà e violenze, mancare alla parola data, mentire e simulare sono una triste necessità a cui il politico deve piegarsi, perchè deve fare i conti con la reale natura dell'uomo e diventano dei comportamenti obbligatori se si vuole perseguire l'utile della comunità.

    ALESSIA CAMMARATA

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  14. Machiavelli nel ‘’Principe’’ pone un programma politico che qualunque sovrano voglia portare alla liberazione dell'Italia, da troppo tempo schiava, dovrà seguire. Tuttavia questo pensiero non resta limitato a quel campo così contingente, egli elabora una teoria che aspira ad avere una portata universale, a fondarsi su leggi valide in tutti i tempi e in tutti i luoghi.
    Machiavelli è stato identificato come il fondatore della moderna scienza politica, egli distingue nettamente tale scienza da altri tipi quali la morale e l’etica. Dell’operato di un sovrano bisogna valutare esclusivamente se esso ha saputo raggiungere i fini che devono essere propri della politica: rafforzare a mantenere lo stato, garantire il bene dei cittadini; ogni altro criterio non è pertinente alla valutazione politica del suo operato.
    Per raggiungere il fine di conservare e potenziare lo Stato, Machiavelli giustifica qualsiasi azione del Principe, anche se in contrasto con le leggi della morale , da cui si ha la celebre massima erroneamente attribuita a Machiavelli che "il fine giustifica i mezzi"; Ma Machiavelli non vuole "giustificare" nulla, bensì vuole valutare, in base ad un altro metro di misura, se i mezzi utilizzati sono adatti a conseguire il fine politico.
    Inoltre il principe dovrà essere metaforicamente sia "volpe" che "leone", in modo da potersi difendere dalle avversità sia tramite l'astuzia (volpe) che tramite la violenza (leone). Mantenendo un solo atteggiamento dei due non ci si potrà difendere da una minaccia violenta o di astuzia. Un buon principe deve essere astuto per evitare le trappole tese dagli avversari, capace di usare la forza se ciò si rivela necessario, abile manovratore negli interessi del suo popolo.
    Altro elemento caratteristico del trattato sta nella scelta dell'atteggiamento da tenere nei confronti dei sudditi, culminante nella questione del ‘’s'elli è meglio essere amato che temuto o e converso’’. La risposta corretta si concretizzerebbe in un ipotetico principe amato e temuto, ma essendo difficile o quasi impossibile per una persona umana l'essere ambedue le cose, si conclude decretando che la posizione più utile viene ad essere quella del Principe temuto.
    Ma si possono evidenziare diversi punti deboli del "Principe" partendo proprio dall'analisi storica. Non è vero che nella storia i temuti potenti hanno mantenuto il potere, semmai è proprio il contrario. Sono pochi i dittatori morti di morte naturale e nell'esercizio del loro potere.
    Inoltre anche il consiglio di Machiavelli al principe di farsi temere (ma non odiare) evitando ogni amabilità, vacilla. In realtà chi è soltanto temuto finisce per farsi odiare. Solo l'ipocrisia lo circonda, avvoltoi che approfittano della situazione pronti a divorare il leone appena in difficoltà.
    Nonostante tutto, Machiavelli sa bene che certi comportamenti del principe sono atti riprovevoli, ripugnanti moralmente ma individua un ordine di giudizi che si regolano su altri criteri, non il bene o il male ma l’utile o il danno politico. Inoltre certi comportamenti immorali e crudeli sono adottabili solo dal politico, solo per il bene dello stato e solo quando solo strettamente necessari.

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  16. Il fine giustifica i mezzi

    Il nocciolo della questione non è stabilire se il fine sia giusto o sbagliato;il fine è soggettivo, è un dato di fatto, è una variabile che cambia per ogni uomo perché ogni essere umano vive per raggiungere un proprio obbiettivo. Ma come si fa a raggiungere questo fine? E soprattutto, è giusto porsi eventuali limiti nel compimento del nostro fine? Machiavelli, che da molti fu considerato un uomo terribilmente cinico,fu uno dei primi a riconoscere che,poiché l’ambizione umana non ha freni inibitori,qualsiasi individuo deve sentirsi autorizzato a non curarsi dei modi usati x raggiungere il fine,ciò deriva dal fatto che la concezione che Machiavelli aveva dell’uomo era fortemente pessimistica, intesa dal concetto”homo homini lupus” secondo la quale gli uomini sono malvagi,ingrati e bramosi di guadagno. In base a ciò le leggi della convivenza non sono affatto facili pertanto l’uomo politico, il suo “Principe”, deve agire proprio su questo piano reale, deve avere una concezione “scientifica” e rigorosa della politica. Da qui deriva il suo cinismo:in questa visione tragica della storia Machiavelli comprende che in momenti di difficoltà emerga la virtù di un singolo, che si impossessa dello stato con ogni mezzo perchè è proprio nello stato che vi sono i rimedi e le risorse x combattere la malvagità e l’egoismo umano. Pertanto,questa logica spietata e violenta si risolve infine,in una comunità in cui il fine è il bene comune e la durezza del Principe deve tendere unicamente al raggiungimento di questo bene e dell’ordine. Machiavelli dunque non è amorale :egli non voleva che l’ingiustizia o la prepotenza d’inganno fossero ritenuti dei mezzi fondamentali e “corretti” ai fini preposti, ma voleva semplicemente l’utilità, l’ordine,il vivere civile e li voleva con la giustizia o con l’ingiustizia. I mezzi crudeli dunque possono giustificare un fine che giova all’intera comunità. Oggi questo concetto è stato però abbondantemente frainteso; col passare dei secoli cresce anche l’egoismo e la crudeltà umana che pur di proseguire i propri scopi distruggono ogni altra cosa possa sovrapporsi compresi gli esseri umani. Vengono usati i peggiori mezzi per raggiungere un fine che però non è equo e non giova alla comunità ma semplicemente alla singola brama di potere.


    ALBERTO SAPIENZA

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  17. Da anni l’essere umano si pone questa domanda “Il fine giustifica i mezzi?” Ebbene questa celebre frase attribuita erroneamente a Nicolò Machiavelli tiene sotto scacco le menti di letterati e filosofi poiché non riescono a trarre una risposta concreta da questa affermazione. Noi attraverso le parole del Machiavelli utilizzate nel “Principe” possiamo fare un tentativo di dare risposta a questa domanda.
    Nel suo pensiero Machiavelli struttura la politica in base alla conformazione dell’animo umano. Cioè una situazione di ordine-disordine, egli ritiene che per il disordine l’uomo abbia una vera e propria vocazione. L’uomo secondo Machiavelli è strutturato in maniera tale da voler avere tutto e da voler aspirare a tutto. Non avendo i mezzi per poterlo ottenere esso vive in una continua instabilità e insoddisfazione. “L’incontentabilità” dell’animo umano porta l’essere ad oscillare tra il bene e il male, tormentandosi nel male, ma poi avverte la necessità del bene e lo va cercando, ottenuto non lo soddisfa e di nuova si tormenta nel male.
    Machiavelli ritiene per questo l’uomo è corrotto e malvagio, proprio per sua natura e tutto questo suo pensiero si esprime nel Principe.
    Tutto ciò che muove l’essere umano all’azione non nasce dal suo modo di essere ma dai valori che esso ha. L’uomo viene mosso dalla cupidigia e dall’ambizione di potere e dominio.
    Ecco allora che la politica deve mirare a liberare l’uomo dal disordine del suo stesso essere. In Machiavelli è viva la convinzione che per far ciò il Politico deve rivolgere lo sguardo al passato e studiare e analizzare i fatti per poter realizzare il presente, cioè la politica diventa criterio di interpretazione della storia.
    Ecco che il principe per poter riportare ordine e disciplina deve poter utilizzare tutti i mezzi necessari. Tali mezzi vengono suggeriti dall’analisi storica e una volta presa una decisione lo stato e il Principe diventano “prigionieri” degli eventi che ne scaturiranno. E’ quindi necessario uno studio approfondito. Tra l’altro Machiavelli fa notare quanto sia importante che il principe sappia bene cosa promettere o no e non menta riguardo alle aspettative, perché egli deve fare del tutto per non farsi odiare. Ma se poi non può mantenere deve poter trovare una giustificazione al suo operato, che sia legittima e che richiami veridicità, ad ogni costo, perché è importante che il popolo lo ami. Il potere deve essere mantenuto attraverso l’immagine che il Principe dà di se. Ovvero Machiavelli si pone questa domanda: è meglio essere amato o temuto; crudele o pietoso? Naturalmente verrebbe da dire amato e pietoso. Ciò porterebbe il popolo a ben volere il Principe ma anche a considerarsi libero di fare ogni cosa in quanto il buon Principe perdona con amorevole pietà. Allora è più prudente fare un atto di crudele fermezza che porta il popolo a temere e rispettare il suo Principe. Il Principe istaura quindi un rapporto di “passioni” di emozioni con il popolo, egli deve utilizzare sempre la forza e l’accortezza.
    Da ciò possiamo estrapolare che il concetto di fine e scopo è soggettivo e ognuno può avere idee contrastanti a riguardo. Basta pensare ai conflitti o alle torture dove il fine ultimo che può essere la conquista del petrolio o il conoscere un segreto di stato non giustifica le vittime e gli strumenti utilizzati per sapere quella determinata cosa. Pertanto l’uomo è un animale razionale e come tale deve giudicare se “il fine giustifica i mezzi” e se i metodi utilizzati e lo scopo arrecano danno o portano favori a se e a chi gli sta accanto.
    Ruggero Dimitri

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  18. La frase “il fine giustifica i mezzi” sintetizza il pensiero di Nicolò Machiavelli riguardo i comportamenti che i principi dovrebbero assumere per mantenere lo stato. Per raggiungere gli obiettivi prefissati, Machiavelli giustifica qualsiasi azione del principe, anche se in disaccordo con le leggi della morale. Analogamente questa frase si riflette su vari aspetti della nostra vita: la gente cerca di raggiungere il fine con mezzi consoni e non all’etica umana. Però è giusto evidenziare che questa famosa affermazione è sia appoggiata ma allo stesso tempo anche disapprovata dalla gente. A mio parere le persone che hanno uno scopo da perseguire o, per fare un esempio pratico riguardante il nostro vivere quotidianio, un sogno da raggiungere, cercano di realizzare il tutto con comportamenti che si adeguano alle regole etiche e morali e che danneggiano il meno possibile le persone coinvolte nell’atto. Eppure, in accordo con il pensiero machiavellico, ritengo che il fine possa giustificare le azioni compiute per raggiungerlo. È necessario però che vengano utilizzati solo ed esclusivamente mezzi innocui e corretti per poter raggiungere uno scopo, ma se in una situazione bisogna adoperare azioni o metodi non proprio adatti all’etica morale ,non mi farei scrupoli ad usarli se il fine raggiunto possa risultare benefico per me e/o altre persone. Nonostante ciò secondo me, ogni nostra azione verrà sempre e comunque giustificata perché è nella natura dell’uomo il voler ottenere “l’oggetto del desiderio” a tutti i costi proprio perché noi uomini siamo soliti anteporre i nostri obiettivi a tutto il resto. Concluderei dicendo che personalmente userei qualunque tipo di mezzo disponibile pur di realizzare il mio obiettivo, purché il fine da raggiungere non nuocia a terzi; in parole povere quando il fine non favorisca solamente in prima persona colui che ha compiuto l’atto.
    DANIELE DI GIORGI

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  19. Il fine giustifica può sempre giustificare i mezzi?
    Nella sua opera più importante ,Il Principe, Machiavelli si impegna a scrivere un trattato che possa guidare il Principe durante il suo governo. Una delle frasi più celebri è “ il fine giustifica i mezzi”. Nel caso della sua opera Machiavelli voleva intendere che a volte il Principe, per raggiungere determinati obiettivi, avrebbe anche potuto ricorrere a metodi poco corretti poiché, qualsiasi fosse stato l’atto in questione, sarebbe sicuramente stato per il bene del popolo e quindi non condannabile.
    Ai giorni nostri possiamo notare vari esempi in riferimento a questa frase. L’esempio più comune può essere quello di dire una bugia a un amico o a un genitore, non tanto per il gusto di farlo, ma per paura che dicendo la verità possa risultare ancora peggio. In questo caso il fine giustifica i mezzi poiché per il bene di qualcuno si è giustificati a mentire.
    Tuttavia a volte questa frase non risulta veritiera e non sempre il fine può giustificare i mezzi. Un esempio possiamo trovarlo nella politica. Molto spesso i politici, per raggiungere certe cariche, pagano per essere votati, ovvero comprano i voti, quando invece il voto dovrebbe essere libero e senza corruzioni di alcun genere. Anche nel caso di un uomo che ruba si potrebbe pensare al fatto che sia giustificato perché magari non avendo un lavoro è costretto a rubare per sopravvivere.
    Concludendo, penso che la celebre frase di Machiavelli, seppure non sempre, sia giusta. Se, infatti, si usano mezzi scorretti per raggiungere determinati obiettivi ma questi obiettivi non intacchino nessun altro o che comunque servano a fin di bene allora ben vengano. Ma se, in caso contrario, vanno a colpire altra gente o a causare del male ritengo siano meglio evitarli e piuttosto cercare di trovare una strada che, seppure più lunga o difficile, sicuramente più giusta.


    Agnese Doro

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  20. Lo scrittore Niccolò Machiavelli,con la celebre massima "il fine giustifica i mezzi", spiega che in vista del bene comune vengono meno le regole ordinarie dell'etica individuale.
    Nel "Principe" ,una delle sue opere più importanti,Machiavelli afferma che per raggiungere il fine di conservare e potenziare lo Stato, si può giustificare qualsiasi azione del Principe, anche se in contrasto con le leggi della morale, ma tale comportamento è valido solo per conseguire la salvezza dello Stato, la quale, se (e solo se) è necessario, deve venire prima anche delle personali convinzioni etiche del principe, poiché egli non è il padrone, bensì dovrebbe essere il servitore dello Stato. Se necessario, il "Principe" può anche arrivare al tradimento; l'importante è che giustifichi il suo comportamento con apparente legittimità.
    Per quanto mi riguarda,il fine non può giustificare i mezzi se per ottenerlo,per esempio,si calpesta la felicità di un'altra persona. Di solito chi la pensa così lo fa esclusivamente per il proprio tornaconto.
    Quindi,per me,questa frase acquista e perde valore per ciascuno di noi, nei confronti del resto del mondo. Sicuramente ci sono situazioni in cui "il fine giustifica i mezzi" per qualcuno e non per altri. Non esistono benesseri universali, e per il mio benessere
    sicuramente qualcuno sta soffrendo e viceversa.
    Credo che il problema di fondo di questa frase sia,purtroppo, che nessuno ha mai stabilito il prezzo accettabile per un determinato fine.

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  21. Tra gli intenti dell’opera machiavelliana, Il Principe, non vi è quello di proporre un modello di perfezione dal punto di vista morale, bensì quello di dar precise direttive ai politici del tempo, affinché adottino i mezzi più risolutivi e idonei per conquistare e soprattutto mantenere il potere. L’ esigenza del Machiavelli, di dover necessariamente vestirsi da guida (anche se non direttamente, ma attraverso la sua opera) trasmette il desiderio dello stesso: Uno stato forte, unito ed inattaccabile, proprio della visione dell’autore. Anche se dedicato a Lorenzo de’ Medici, la vera figura ispiratrice dell’autore fu Cesare Borgia, detto anche duca Valentino. Proprio rifacendosi alla rapidità con la quale sapeva prendere grandi decisioni, all’ astuzia e alla freddezza del duca, Machiavelli riconosce nel “Principe” un compito vasto e soprattutto impegnativo, tale da non potersi fermare a riflettere sulla moralità o su qualsiasi pensiero di altra natura. Il principe, se vuole riuscire nella sua opera, deve necessariamente avere una concezione pessimistica dell’uomo,che deve essere quasi considerato malvagio; poiché, quest' ultimo, per necessità, è portato a soddisfare i propri interessi. Per garantire il bene comune,dunque, il principe deve sapersi confrontare con questo dato di fatto e saper essere “buono” o “non buono” a seconda delle circostanze.
    In altre parole, il compito del politico ha una sua moralità immanente, che non sempre coincide con la moralità del privato cittadino. Tuttavia Machiavelli ritiene che il male commesso dal principe debba alla fine portare al bene, cioè all'utilità del privato cittadino.
    Dal punto di vista politico dell’autore dunque, è “buono” tutto ciò che è efficace e porta ad un buon fine, ed è “cattivo” tutto ciò che lo ostacola. Dunque è necessario estraniare il più possibile la morale dalla politica, senza negare però la validità della morale.
    Un fine giusto, capace di assicurare il benessere di molti cittadini, permette al principe di ignorare la morale.
    Il pensiero di Niccolò Machiavelli è considerato talmente distintivo e peculiare che è entrato a far parte di numerosi modi di dire, dall'aggettivo ''machiavellico'', usato per indicare una persona o un comportamento privo di scrupoli, alla frase ''il fine giustifica i mezzi'': I mezzi, sono tutti quegli espedienti a cui si ricorre per raggiungere il fine. Io condivido dunque a pieno la massima di Machiavelli “ IL FINE GIUSTIFICA I MEZZI”, la condivido comunque, entro i limiti in cui non vi siano mezzi tali da uccidere o da negare la libertà all’uomo, e con questo intendo riferirmi agli attacchi nucleari del secondo conflitto mondiale e al regime dei campi di concentramento (mezzi adottati per raggiungere la conquista). Dunque anche se i mezzi sono poco ortodossi (menzogne, inganni etc.) nella misura in cui non violino la sicurezza del prossimo, l’importante è GIUNGERE AL FINE.

    Michelangelo Chiovaro

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  22. Niccolò nato a Firenze nel 1469 era un uomo di stato,pensatore politico e storico,uno dei maggiori prosatori italiani.
    Venne imprigionato perché sospettato di aver preso parte ad una congiura antimedicea ,riconosciuto innocente fu liberato e si ritirò all’Albergaccio. Qui compose le sue opere più importanti :”Il principe” e i “discorsi”;in queste due composizioni Machiavelli assurge dall’esperienza della vita moderna e della conoscenza della storia del passato a una teoria della politica intesa come studio della”realtà effettuale delle cose”e quindi implicitamente affermata come autonoma da ogni altra attività spirituale .Nel “Principe” lo stato è concepito come creazione dell’individuo capace di approfittare con la sua energia o “virtù” delle occasioni offertegli dalla fortuna ,ed è quindi teorizzato nella sua forma monarchica .
    Machiavelli era già arrivato ad avere importanti intuizioni ,quali quella secondo cui ,per difendere la libertà,è necessario il controllo della situazione politica oltre al mantenimento di un efficiente esercito e all’autonomia economica. La filosofia di Machiavelli è basata sulla disanima distaccata dei fatti ,antichi e moderni,su una passione politica che però per raggiungere i suoi obbiettivi ,necessita di spregiudicate analisi da cui si ricava che il centrale concetto di libertà vive un ‘incancellabile concretezza storica ,la solidità dello stato,costi quel che costi . Con questo lui vuole dire che l’aderenza coraggiosa alla realtà e l’incessabile intento degli scrittori di quel tempo che miravano a voler disegnare l’immagine di un principe come un individuo IDEALE ,camuffando così la dura verità e nascondendone il vero volto,hanno portato Machiavelli a pensare che essere dissimulatori e mentitori è un risultato spesso politicamente produttivo e addirittura a volte indispensabile;quindi un principe deve esser capace di compiere il male solo però se è ritenuto necessario per raggiungere fini politici che alla fine porteranno al bene dello stato. E dallo studio della realtà Machiavelli ricava che gli uomini gli uomini sono “ingrati,volubili,simulatori e dissimulatori”e che solo le leggi li possono rendere buoni.La figura del principe diventa così uno strumento di crescita morale per una comunità e nient’altro,mentre la politica,per questa strada,ritrova quella natura che ,per ragioni di correttezza metodologica ,aveva dovuto accantonare.

    GLORIA MINUTOLI

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  23. Il fine giustifica i mezzi?? Macchiavelli riteneva,come scrive nel “Principe”,che un capo di stato fosse autorizzato a fare qualsiasi cosa pur di riuscire a ottenere il bene del proprio paese,ricorrendo anche,se necessario,alla violenza.
    L’uomo,per natura,rincorre i propri ideali e i propri sogni,convincendosi che questi siano giusti,ma chi è che può decidere cosa sia giusto o cosa sia sbagliato?Chi ci dice che agendo per una nostra “giusta” causa non commettiamo errori strada facendo e non finiamo per sbagliare?
    Prima di pensare a cosa sia giusto o cosa sia sbagliato dovremmo riflettere su quali siano le nostre responsabilità e poi decidere cosa fare,consapevoli comunque a cosa si va incontro;facendo una scelta se ne scarta un’altra automaticamente.
    Noi dobbiamo essere in grado di capire quali siano le nostre responsabilità e di mantenerle.
    Secondo me Macchiavelli sbaglia nell’affermare che il fine giustifica i mezzi perché non si può assolutamente giustificare un’azione da cui si trae un vantaggio personale o in parte collettivo ricorrendo a mezzi spiacevoli che possono danneggiare altri,poiché gli unici reposnsabili delle nostre azioni dobbiamo essere esclusivamente noi cercando di non far ricadere i nostri sbagli sulle spalle di altre persone che,giustamente,possono pensarla diversamente da noi.
    Nella società di oggi siamo noi che stiamo pagando le conseguenze degli errori commessi nel passato e sarà sempre così finchè le persone non si renderanno conto di quello che fanno e quali conseguenze le loro azioni possano comportare nel futuro.
    Alberto Vinci

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  24. Con la frase “il fine giustifica i mezzi”, si tende a sintetizzare il pensiero di Machiavelli, sulla condotta che deve avere un principe per mantenere lo stato.
    Infatti secondo Machiavelli un principe in caso di necessità, per il bene dello stato, deve essere pronto ad usare anche la forza, ciò a causa della “varietà del popolo”.
    Questa concezione di giustificare i mezzi per il fine, la condivido solo nel caso in cui il mezzo non rechi danno a nessuno e che il fine sia per il bene comune e non di una singola persona, come spesso avviene al giorno d’oggi, che pur di arricchire in pochi si danneggia un popolo.
    Il principe, per Machiavelli, deve essere sia volpe che leone, volpe per difendersi con astuzia dalle trappole tese dagli avversari, leone per difendersi con forza, ma solo in caso di necessità.
    Secondo Machiavelli l’uomo non deve porsi limiti nei mezzi usati per raggiungere il proprio obiettivo e quindi il fine.
    Ogni persona per raggiungere il proprio obiettivo sarebbe disposta a tutto, a volte dimenticandosi delle conseguenze che potrebbero causare le proprie azioni, che nel momento in cui si compiono non sembrano sbagliate, ma che potrebbero danneggiare qualcun altro e quindi il nostro fine sarebbe raggiunto con dei mezzi non etici.
    In conclusione, secondo me se il fine è nobile e giova non solo alla persona che lo ottiene ma anche ad altre persone, il mezzo potrebbe essere giustificato, mentre se il fine tende a giovare solo poche persone a discapito di molte nessun mezzo è da giustificare.

    Giulio Gallo.

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  25. "Il fine giustifica i mezzi", un famosissimo aforisma attribuito a una delle più grandi menti rinascimentali di nome Niccolò Machiavelli, che possiamo ritrovare in una delle sue più importanti opere denominata "il Principe" o, ancora meglio "De Principatibus". Secondo questo trattato tale affermazione è strettamente legata alla vita politica, in quanto il principe, appunto, essendo prima di tutto servitore dello Stato, affinchè esso possa retto da un buon governo, deve essere in grado di mettere da parte le proprie convizioni etiche. Considerando anche l'estrema attualità del pensiero machiavellico, questa espressione, erroneamente attribuitagli, poichè la reale affermazione sostiene "si habbi nelle cose a vedere il fine e non il mezzo", sono convinta che possa essere contestualizzata anche nelle abitudini quotidiane di ogni individuo. Chiaramente, sotto un punto di vista soggettivo, c'è chi la fa propria o meno. In questo caso non credo si possa scegliere esclusivamente per il bianco o per il nero, poichè bisigna esaminare la varie situazioni che ci vengono proposte, essendo un argomento che se generalizzato diventa alquanto vasto e completo, ma in linea di massima sono favorevole all'inverso di tale affermazione. Nonostante lo scopo sia a fin di bene, se il percorso risulta scorretto, quanto si può considerare pulita la meta finale? Ben poco, poichè ci si è mostrati scorretti già in partenza, a maggior ragione se ciò produce un effetto negativo su seconde persone. E' pur vero che noi non siamo in grado di decidere ciò che è meglio per gli altri, ma ciò che pensiamo possa esserlo e spesso magari si finisce per mettere da parte se stessi, per rendere migliore la vita di qualcun altro, senza realizzare i nostri obiettivi e rischiare che essi siano pilotati da altri, ma questo sta alla base di una debolezza di fondo della persona, la quale non è in grado di gestire le proprie esperienze e per così dire, si lascia sfuggire la vita tra le mani. Bisognerebbe dosare bontà e forza, e non la forza a cui fa riferimento lo stesso Machiavelli, secondo cui essa deve essere utile per trascinare le masse, ma una forza personale che deve permettere all'individuo stesso di non lasciarsi trascinare, il significato è simile, ma differente. E' ammirevole colui che sa davvero ciò che vuole ed è disposto a tutto pur di raggiungere le proprie finalità, ma è ancor più ammirevole colui che è in grado di farlo senza calpestare tutto ciò che gli sta intorno, mostrandosi una persona realmente capace che per quanto sia dedita ai proprio obiettivi è in grado di riflettere su ciò che scaturisce dal suo comportamento, ponendo razionalità su di esso, poichè se ciò che si fa rischia distruggere ciò che è stato creato da altri o, perchè no, anche la fiducia possibilmente che si è creata tra due individui, può non solo non giovare ai secondi individui, ma anche a se stessi. Se si arriva sostanzialmente soli alla meta, allora è più opportuno girarsi e guardare cosa ci si è lasciati alle spalle e chiedersi se ne è valsa sul serio la pena o meno. Bisogna comunque considere se tutto ciò che si fa fa del male a pochi, per fare del bene a molti, se si va ad intaccare qualcuno o qualcosa di realmente importante o che sostanzialmente può essere posto in secondo piano e così via tutta una serie di possibilità che si presentano con le varie situazioni. In conclusione, non esiste l'essere perfetto completamente devoto al bene altrui in grado di non far penare niente e nessuno, in caso contrario potremmo trovarci davanti al secondo messia, ma credo che questo sia alquante improbabile, dunque in fondo è presente in tutti una vena di egoismo che spesso può essere anche considerata, in casi particolari, anche istinto di sopravvivenza in mezzo al gruppo.

    Fiammetta Indovina

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  27. Niccolò Machiavelli fu uno storico, scrittore, drammaturgo, politico e filosofo italiano; sicuramente può essere considerato come il classico uomo rinascimentale.
    Per capire appieno il suo trattato “Il Principe” bisogna conoscerne la vita, perché dedicò la sua vita alla politica, non per il bene suo ma per il bene della sua città, Firenze.
    Nel trattato, Machiavelli parla di come, secondo la sua lunga esperienza politica, un principe dovrebbe governare; famosissima è la frase “il fine giustifica i mezzi”, universalmente attribuitagli, ma non è presente in nessuno dei suoi scritti, la frase più simile presente nelle sue opere è “Nelle azioni di tutti li uomini, e massime de' principi, dove non è iudizio da reclamare, si guarda al fine.” (Il Principe, XVIII cap.)
    ma non vuole affermare che per ogni fine i mezzi sono giustificati, ma bensì tale comportamento è valido solo per conseguire la salvezza dello Stato, solo se estremamente necessaria, deve venire prima anche delle personali convinzioni etiche del principe, poiché egli non è il padrone, bensì il servitore dello Stato.
    Soprattutto Machiavelli mette in risalto il comportamento che deve tenere un principe,
    afferma che un principe deve saper simulare e dissimulare. Non porta ad esempio un principe idealizzato, bensì un principe “umano” con qualità e difetti, quindi per compensare, il principe deve saper fingere: “debbe adunque avere uno principe gran cura che non li esca mai di bocca una cosa che non sia piena delle soprascritte 5 qualità, e paia a vederlo e udirlo, tutto pietà, tutto fede, tutto integrità, tutto umanità, tutto religione”.

    Oggi il vero significato delle parole di Machiavelli è stato travisato, spesso l'autore non è neanche conosciuto, si ritiene che sostenesse che qualsiasi fine giustifichi i mezzi usati…
    In ultima analisi, Machiavelli, voleva affermare un principio fondamentale per la politica (purtroppo spesso dimenticato o non considerato):
    “i politici non sono i padroni, bensì i servitori dello stato.”
    Qualsiasi azione dovrebbe essere fatta esclusivamente per il bene dello stato, ma troppo spesso il lato malvagio degli uomini viene messo in risalto.
    Gli uomini sono “ingrati, volubili, simulatori, dissimulatori, fuggitori de' pericoli, cupidi di guadagno” e dimenticano più facilmente l'uccisione del padre che la perdita del patrimonio; perché la molla che li spinge è l'interesse materiale ed egoistico, non i sentimenti ed i valori disinteressati e nobili.
    Per rappresentare il politico perfetto utilizza il centauro, perché essendo mezzo bestia e mezzo uomo può usare entrambe le qualità tipiche di bestie e uomini, come gli uomini sa usare la ragione e come le bestie la forza per mantenere la saldezza dello stato.

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  28. Come disse Machiavelli, tutt’oggi si sentono queste parole << il fine giustifica i mezzi >>; quando questa affermazione venne detta per la prima volta faceva riferimento alla vita politica ma oggi troppo spesso quest’espressione viene usata impropriamente per giustificare azioni sbagliate o impulsive. Queste parole vogliono dire che per raggiungere i propri obiettivi si può utilizzare qualsiasi mezzo, corretto o scorretto che sia.
    Secondo me è un concetto sbagliato poiché per raggiungere un obiettivo, quindi un fine, bisogna impegnarsi e non utilizzare vie secondarie, è corretto essere disposti a tutto per un’ideale personale ma sfruttando le nostre possibilità senza andar contro ad altri o alla felicità altrui.
    Ogni individuo può avere una propria interpretazione di queste parole, ritengo sia molto soggettivo ma bisogna sempre tener conto che nel mondo in cui viviamo non ci siamo solo noi e che i nostri obiettivi sono importanti tanto quanto quelli degli altri. In conclusione per me il fine non giustifica i mezzi.

    Mi scuso per il ritardo professoressa ma ho avuto problemi con l'ADSL e dato che lei è mancata sia ieri che oggi non gliel'ho potuto portare neanche in cartaceo.

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  29. Prof,mi sono accorto di avere scritto Machiavelli con due "c"!!!!
    Gianluca

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  30. Professoressa,
    dato che in questi giorni la classe è estremamente impegnata con le ultime interrogazioni per poter recuperare le varie carenze, e dato che è importante per noi dedicarci molto anche alla versione di latino di lunedì 19, le chiediamo cortesemente di poter annullare la consegna prevista per giorno 22 del progetto su Leonardo da Vinci.

    La classe IV E

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  31. Giorgia, abbiamo già concordato che la consegna è spostata per tutti alla settimana del rientro a scuola dopo le vacanze di Natale..ovviamente non ci saranno altre proroghe!
    In merito al tuo lavoro, lo trovo ben argomentato ma un pò troppo generico nell'incipit..Corretta la forma.

    Daniele, ma che vuol dire:"Il non tener conto del contesto neLLA quale la si attua sarebbe una banale generalizzazione..?

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  32. Inoltre, concludi il tuo discorso alquanto confusionario con un ERRORE imperdonabile...."che se a raggiungere il fine SAREBBE un unica persona, ciò diventerebbe una tirannia". Troppa fretta!!

    Gianluca, lavoro interessante all'inizio e alla fine; un pò generico nella parte centrale dove più che un saggio sembra una riflessione personale.
    Ti suggerisco di leggere l' "ANTIGONE" di Sofocle per lo scontro tra legge dello Stato e legge etica...sono sicura ti piacerà! Lo stesso suggerisco a tutti gli altri....

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  33. Gabriele, finalmente ti riconosco!! Preciso e attento nel tuo giudizio critico e poi mi è piaciuto che anche tu, come Gianluca e altri, hai attualizzato... Rimane che la struttura è poco adeguata al saggio breve e sembra più una riflessione!

    Adriana, incipit ed excipit un pò troppo generici e poco chiari nelle affermazioni. Migliore senz'altro la parte centrale dove anche tu hai attualizzato la tematica.

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  34. Marta, lavoro semplice e lineare ma sembra una lezione sul pensiero di Machiavelli...Avrei preferito sentire il tuo giudizio e la tua lettura interpretativa sulla frase.

    COMPLIMENTI a GIORGIA B.! Lavoro ben strutturato, ampio, riflessivo, attualizzato...BRAVA!

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  35. Kepi, corretta l'impostazione iniziale nell'incipit, poi però sembra un trattato sull'opera e la sua struttura.... Avrei voluto sentire il tuo pensiero!

    Martina, ben fatto il tuo lavoro e sopratutto, efficace nelle conclusioni che sono risultate veramente simpatiche! Occhio a qualche errore di battitura...Pertinente la citazione letteraria e critica!

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  36. Claudia e Alessia, avete mantenuto più o meno la stessa impostazione: molta letteratura sull'autore e sul PRINCIPE, ma poca critica personale...
    Per Claudia, migliore senz'altro la parte finale dove si sente più la tua riflessione.

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  37. Bene Alberto! Cerca di approfondire un pò di più le tue argomentazioni a sostegno della tesi che vuoi dimostrare.

    OTTIMO lavoro Ruggero! Finalmente una riflessione ben argomentata, ampia, approfondita! Ricorda però che il pronome personale "SE" si scrive sé" perchè non è congiunzione!

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  38. Daniele, il tuo lavoro mi sembra poco curato sopratutto sotto il profilo linguistico e argomentativo. Attento alla forma!

    Agnese, sintetica e semplice... poca argomentazione anche se la forma è scorrevole ed organica!

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  39. Maria Clara, il tuo lavoro non è un saggio..manca la struttura argomentativa che risulta divisa in due blocchi non integrati.

    Migliore la riflessione di Michelangelo, anche se dovresti evitare di parlare in prima persona...

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  40. Gloria, il tuo lavoro è organico e ben strutturato ma manca il tuo punto di vista personale... Scorrevole la forma!

    Alberto V., per te vale l'opposto di quello che ho scritto sopra.... Troppo giudizio critico senza il giusto approfondimento del pensiero dell'autore. Pertinenti le considerazioni!

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  41. Giulio, lavoro sintetico e poco approfondito! Cerca di impostare bene la struttura argomentativa...

    Fiammetta, finalmente riconosco la tua grinta e il tuo stile che finora non venivano fuori... Bel lavoro, ampio, argomentato e riflessivo! COMPLIMENTI!!

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  42. Molto bene Federico! Il tuo lavoro è ricco di spunti letterari e argomenativi. Cerca di armonizzare le due parti...

    Agnese, non ti preocupare! Sinceramente la tua sembra più una riflessione frettolosa, con pochi spunti letterari...Puoi fare di meglio!

    RICORDO A TUTTI CHE IL COMPITO SU VIRGILIO CONTIENE CLASSICO E LETTERATURA!! in bocca al lupo a tutti ;O)

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  43. Mi scuso per gli ultimi errori di battitura ma la piattaforma non mi ha permesso di modificare prima di pubblicare...
    BUON LAVORO E BUON FINE SETTIMANA!

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